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Volume XIX - Nr.2 - November 2004

Prove preliminari sull’efficacia dei filtri solari

Il sole ed i bagni di sole sono salutari o pericolosi? La risposta, sia per gli esperti che per le persone prive di conoscenze scientifiche, sembra variare da individuo ad individuo.

La ricerca psicologica di questi ultimi anni rivela che il comportamento dell’uomo d’innanzi ad un certo tipo di problema ed il suo comportamento effettivo costituiscono due livelli non necessariamente sovrapponibili.

A partire da dati empirici, si é analizzato il problema uomo-sole, considerando i tre livelli di osservazioni: sfera della conoscenza, del comportamento e psicologica. I risultati di una inchiesta estesa all’Austria, Germania, Francia ed Australia rivela che il comportamento umano riguardo al sole non è controllato da una motivazione unidimensionale ma da più fattori.

Gli effetti di un clima come quello di Perth in estate, caratterizzato da temperature elevate, notevole irradiazione solare, debole umidità relativa e venti forti sono catastrofici per quelle persone esposte per lungo tempo al sole per motivi di lavoro.

La risposta pigmentaria della pelle ai raggi UV. risulta accresciuta ed appaiono segni di degradazione quali disseccamento dello strato corneo, ingrossamento del tessuto superficiale, dilatazione dei pori e, negli anziani, pigmentazione ineguale delle mani, del viso e del collo.

Gli effetti dei raggi UV sono aggravati inoltre dall’irraggiamento infrarosso che accresce la temperatura della pelle e la sudorazione, provocando una maggiore traspirazione della pelle stessa. Una protezione efficace richiede dunque contemporaneamente un’azione combinata contro gli effetti nocivi degli UV, soprattutto dopo il bagno e in periodo di traspirazione, e contro gli effetti disidratanti del calore, dell’umidità e del vento.

L’indice di protezione solare, uno dei rari parametri misurati in cosmesi, facilita la scelta del consumatore più desideroso di proteggersi che di abbronzarsi rapidamente.

L’attitudine positiva dell’industria cosmetica ha permesso di definire questa nozione di indice di protezione e di introdurla nei criteri di scelta. Tuttavia sono sorte interpretazioni divergenti a questo riguardo ed hanno portato a considerare le sorgenti di errore ed a proporre nuovi metodi di misurazione.

I problemi incontrati nel corso della determinazione dell’indice di protezione sono, prima di tutto, la scelta del campione di superficie cutanea (le sue dimensioni, la sensibilità variabile della pelle a seconda della zona), la misura dello spessore del film di protezione, le scelte delle sorgenti di irraggiamento e la valutazione dei risultati; è possibile controllare perfettamente queste condizioni sperimentali.

Due fattori importanti relativi al controllo di laboratorio sono l’umidità relativa e la temperatura. Per l’applicazione pratica è necessario determinare la resistenza del prodotto in esame alle variazioni quantitative dovute al sudore o all’acqua. Il metodo di valutazione ideale sarebbe un test su individui che alternino attività fisiche con bagni in acqua, con caratteristiche chimico-fisiche note, ed effettuare quindi osservazioni macroscopiche e letture fotometriche.

Nonostante non sia chiaramente provato, si suppone che l’efficacia dei prodotti solari sia legata direttamente allo spessore del film lasciato sulla superficie dello strato corneo dal momento che la penetrazione del filtro riduce il suo effetto protettore. È stata messa a punto una metodica per determinare la quantità di sostanza filtrante i raggi UV penetrata nella cute nel sito di applicazione.

Il residuo che permane sullo strato corneo, dopo periodi di applicazione di diversa durata, viene determinato con l’aiuto di una tecnica di recupero mediante solventi. I risultati hanno mostrato che diversi tipi di filtri (aminobenzoati, cinnamati, salicilati) penetrano nella pelle ed il grado di penetrazione dipende dal sito, dal tempo di applicazione e dalla composizione del carrier.

Al fine di meglio comprendere i meccanismi di azione del sole sulla pelle sono stati studiati, tramite risonanza paramagnetica elettronica (RPE) , i radicali liberi formati per irradiazione dei costituenti proteici cutanei.

Dopo studio su modelli, peptidi e polipeptidi, presentati al X Congresso IFSCC di Londra, si è intrapreso lo studio della cheratina dello strato corneo e del collagene della pelle. Per quanto riguarda la cheratina, i raggi UV producono radicali del tipo –NH-CH-R che reagiscono con la glicina, contenuta nelle catene proteiche vicine, per formare dei radicali -NH-CH-CO3; per il collagene invece si osservano, oltre ai radicali -NH-CH-CO3 dei radicali liberi del tipo dell’alanina (-NH-CH-CH3) a -160°C e radicali (-NH-C(CH3)-CO-) a -20°C.

Questi risultati permettono una migliore comprensione dei meccanismi che conducono all’invecchiamento prematuro della pelle esposta al sole ed alla formazione, a partire dal collagene, di proteine reticolate chiamate da D.A. Hall “pseudoelastine”. Lo studio dei radicali liberi formati nella cheratina dello strato corneo permette inoltre una discussione più approfondita sul ruolo protettore dei pigmenti melaninici cutanei.

Come misura preliminare dell’affinità delle sostanze filtranti dei raggi UV per lo strato corneo, si possono effettuare misurazioni di assorbimento dei filtri sulla lana di montone. Si può in seguito determinare la loro affinità per la pelle di maiale, asportando la pelle precedentemente trattata e lavata con acqua dopo un tempo dato e dosando infine il filtro.

È possibile ugualmente realizzare in laboratorio dei modelli sperimentali in vivo secondo Ippen, determinando l’indice di protezione solare prima e dopo detersione con acqua. Dei risultati concreti possono infine essere ottenuti grazie a prove effettuate sull’uomo, esposto al sole, secondo i metodi di Fitzpatrick, Pathak e Greiter: in generale, si determina l’indice di protezione a diverse ore, intercalando uno o due periodi di bagni della durata di 15-20 minuti.

Questi metodi hanno mostrato che normalmente le emulsioni acqua/olio resistono meglio delle emulsioni olio/acqua al lavaggio, anche se in qualche caso può avvenire il contrario. Si può altresì supporre che i raggi UV ed i tempi di applicazione del prodotto giochino un ruolo sull’affinità dei filtri per lo strato corneo. È stato inoltre messo a punto un metodo utilizzante la cromatografia liquida ad alta performance per analizzare tracce di isomeri ottici dell’acido urocanico (UCA).

Si è studiata l’influenza dell’età, del sesso, del sito cutaneo prelevato e della stagione sulla quantità di UCA ed il rapporto di isomeri ottici (cis-trans) trovati sulla superficie della cute. Sono stati ottenuti i seguenti risultati: la quantità totale di UCA non ha alcuna relazione con l’età od il sesso; essa decresce in estate, ma il tasso dell’isomero cis aumenta; il tasso di questo isomero è più elevato sull’avambraccio e sulla guancia, contrariamente alla schiena dove il trans è predominante. È stato osservato per irradiazione fotochimica l’isomerizzazione cis-trans nei due sensi.

Questa isomerizzazione nell’acqua sono rapide e la costante di equilibrio varia con l’intensità luminosa. L’indice di protezione di una soluzione acquosa di urocanato sodico isomerizzato fotochimicamente è sensibilmente uguale a quella di una soluzione di isomero trans.

Questi risultati lasciano pensare che i due isomeri esercitino un’azione filtrante e che l’effetto fotoprotettore è dovuto non solamente all’energia di isomerizzazione ma anche al fotoassorbimento.

Questa supposizione è confermata dal fatto che il 4-5 imidazolilmetilidene malonato monosodico, che non è isomerizzato fotochimicamente, presenta un effetto filtrante. Si pensa quindi che la quantità di UCA nella pelle sia importante per la protezione vis-a-vis del sole, come pure lo spessore dello strato corneo ed il contenuto in melanina dell’epidermide.

 

 

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