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Volume XIX - Nr.1 - September 2004

Idratazione

Elementi di una problematizzazione

Si parla abitualmente della cute in chiave fisiologica quale organo, dimenticando che trattasi di un apparato in cui le singole strutture sono collegate finalisticamente fra di loro in un’unità multistadio biologicamente attiva.

Tutto ciò implica che ogni disordine funzionale si ripercuota in breve sull’ambiente circostante inceppando i fini meccanismi di regolazione reciproca. Nella sua storia evolutiva la cellula cutanea caratterizza i diversi strati attraversati per una serie di tappe maturative che esitano gradualmente e con estrema precisione nel piatto cheratinocita dello strato corneo, anucleato, disidratato e come tale più efficiente nella sua funzione barriera.

La citomorfosi cutanea richiede da 15 a 30 giorni, a seconda della regione del corpo ed in funzione di numerosi altri fattori. Valga tra questi l’esempio della ferita, condizione traumatica locale in cui si rende necessario un più rapido afflusso di cellule in superficie per ripristinare, nel minor tempo possibile, l’integrità strutturale.

La presenza di un taglio infatti, o d’una qualsiasi soluzione di continuo, interrompe lo sbarramento difensivo che divide gli ambienti interno ed esterno. In questo caso la prima conseguenza è la disidratazione da libera esposizione di cellule strutturalmente inadatte a sopportare gli insulti dell’atmosfera.

Se escludiamo relegando in seconda istanza il problema infettivo per non selezionato assorbimento, già la perdita idrica è per la pelle un danno ingentissimo, capace di bloccare molto rapidamente anche le più elementari tappe biochimiche di sviluppo e maturazione cellulari.

Questa è la ragione per cui tanto è l’impegno a mantenere, e se possibile migliorare, la quota d’acqua presente nella cute. Scarsa elasticità, mancanza di tono ed aspetto senescente della stessa sono difficili da ripristinare ed impossibili a mantenersi senza un’adeguata umidità, compartimentata correttamente. Intendiamo con questo la regolare distribuzione intra- ed extracellulare di un normale tessuto immerso nel proprio habitat umorale.

Vevy Europe ha studiato approfonditamente questo problema, ed i progressi scientifici di questi ultimi anni ne confermano l’impostazione: l’acqua in un tessuto, ed in particolare nella pelle in continuo scambio con l’esterno, è condizione essenziale quod vitam. Idratazione attiva o passiva? È una domanda che si è spesso posta e non sempre se ne sono ben chiariti i limiti e le prerogative.

Così impostata potrebbe suggerire un’alternativa, quando in realtà si tratta di due aspetti complementari dello stesso fine; non si escludono a vicenda e l’uno non può compensare idoneamente l’altro. L’idratazione passiva, come lo stesso nome evoca, si pone l’obiettivo di frenare la fuoriuscita di liquido dalla cute con manovra occlusiva, chimica o meccanica che sia. In altre parole intervenire con un’applicazione che, assolutamente scevra da ogni considerazione causale, impedisca all’acqua di passare nel compartimento esterno.

È questo il caso del PME - Vevy codex 03.0775 (e PME-1 - Vevy codex 03.3392 ), in grado di creare una stratificazione superficiale continua contro l’evaporazione. Naturalmente così s’interrompe l’efflusso, ma non agendo sul disturbo portante, sia esso fisiologico o non, l’effetto è forzatamente circostanziato alla durata dell’applicazione ed all’efficienza del prodotto impiegato.

Paradossalmente la scelta di tali materie prime dev’essere particolarmente accurata, per il pericolo insito nella utilizzazione di una sostanza la cui efficacia è legata alla perfetta copertura d’un tessuto in continuo scambio metabolico ed informativo con l’ambiente esterno.

A parte tale priorità s’impone comunque un’estrema costanza e precisione d’impiego difficili a realizzarsi; si lascia peraltro irrisolta la questione dell’alterazione primitiva. È purtroppo frequente infatti che la disidratazione vada ricercata non tanto in una riduzione del contenuto idrico della cute, quanto piuttosto in una sua alterata distribuzione; non intervenire anche in questo senso significherebbe allora imbibire la cute ma non razionalizzare i rapporti fra citoplasma e matrice extracellulare.

Ne sono un esempio i mucopolisaccaridi dermici, sostanza fondamentale amorfa di cui l’acido ialuronico rappresenta una delle componenti essenziali il cui compito precipuo è l’adsorbimento di notevoli quantità d’acqua.

Un loro impoverimento significa parallelo decremento del contenuto idrico. Essi sono presenti sotto tre forme in equilibrio biologico fra di loro (legati a proteine in complessi macromolecolari, legati ad ioni metallici o liberi); lo spostamento in favore del legame proteico libera ioni metallici osmoticamente attivi e come tali in grado di facilitare l’idratazione del tessuto. Intervenire a questi livelli significa mantenere durevolmente con meccanismo diretto il potere di ritenzione.

Hyaluramine - Vevy codex 17.0255, ci ha permesso, quale precursore della sintesi di mucopolisaccaridi acidi, di migliorare la performance della sostanza fondamentale e, grazie ai biocatalizzatori che favoriscono il legame proteico, stabilizzare l’arricchimento idrico.

Abbiamo visto che Hyaluramine, come alcuni aminozuccheri, svolge un ruolo nel processo di differenziazione dei cheratinociti confermando in questo modo la localizzazione dei glucosaminoglicani anche a livello di membrana epidermica. Il gradino immediatamente successivo è finalizzare il risultato ottenuto ad un ottimale rapporto di contatto fra fibroblasti, ed in particolare a livello della membrana basale nella giunzione dermoepidermica.

La molecola più direttamente coinvolta in questo passaggio è la fibronectina, fondamentale nella formazione della matrice extracellulare e nell’adesione delle cellule alla medesima. È una proteina legante, in grado di fungere da punto di riferimento su cui i fibroblasti esercitano una tensione capace di ripristinare in breve l’interruzione creatasi fra cellula e cellula.

Il Dermonectin - Vevy codex 18.1926 è l’oligopeptide attivo e specifico della fibronectina (la proteina come tale è inerte), contenendo inoltre un certo numero di spezzoni proteici selezionati. L’attività dell’intera molecola è infatti riprodotta perfettamente solo dall’uso contemporaneo o successivo dei frammenti comprendenti domini, anche quello che lega l’eparina, favorenti la deposizione dei proteoglicani.

Applicando quindi il Dermonectin completiamo l’intervento di idroelasticità nella zona critica di transito dermo-epidermica. Perseguendo un tale iter evolutivo ci portiamo verso la superficie, area delicata, che risente immediatamente delle alterazioni sui due versanti di confine. Trattandosi però di sede non più direttamente nutrita il rischio di disidratazione è continuamente pressante.

Da qui l’importanza di assicurare con un congruo apporto dall’esterno il tono, l’elasticità ed una perfetta compartimentazione dell’acqua in cellule in rapida escalation involutiva.

Qui il minimo spostamento dell’equilibrio significa inceppo metabolico inarrestabile per alterazione dei tempi d’esaurimento del ciclo. Uno dei punti cruciali su questo cammino è il corretto impacchettamento cheratinico, principalmente controllato dalla filaggrina quando la cellula cutanea comincia a trasformarsi da granulosa a cornea.

L’applicazione di Filagrinol - Vevy codex 13.2423, derivato da particolari frazioni di insaponificabile da olio d'oliva, di soia, di germe di grano e polline, interviene tempestivamente in questo momento, perfezionando l'organizzazione dei filamenti di cheratina fibrosa grazie alla modulazione esercitata sull'espressione quantitativa della filaggrina stessa.

È interessante notare che in questo modo il Filagrinol ha parte attiva nell'idratazione epidermica. Esaurito il proprio compito d'organizzazione fibrosa si degrada infatti a livello dello strato corneo in quel pool di aminoacidi liberi e loro derivati che sono parte integrante nel mantenere la giusta imbibizione degli strati superficiali e quindi la loro integrità e flessibilità.

Si tratta di sostanze idrosolubili a basso peso molecolare che arricchendosi d'acqua nella parte più profonda dello strato corneo mantengono un’elevata pressione osmotica che richiama solvente, ossia acqua, all’interno delle cellule.

Questa pressione dà luogo a forze tensionali che si trasmettono da una cellula all’altra tramite le giunzioni intercellulari garantendo l’elasticità del tessuto. Abbiamo voluto con passaggi descrittivi in successione ricordare come l'intervento cosmetico, e quindi fisiologico, sulla cute debba essere un trattamento razionale, mirato e causale.

La pelle è un apparato delicato dove ogni singolo stadio è il risultato d'una precisa evoluzione che prepara un'involuzione che deve rispondere ad esigenze inderogabili. Ogni prodotto applicato topicamente va inserito ad uno scopo preciso. Si tratta di elementi apparentemente diversi ma sono tutti punti d’attacco d’una stessa problematizzazione.

 

 

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